Nadia e il desiderio di dare futuro alle persone
La rubrica “Giovani Speranze” si arricchisce con la storia di Nadia Cattaneo, psicologa e project manager dell’Impresa Sociale Progetto Mirasole.
Quando in prima ginnasio ci hanno chiesto “Che lavoro farete da grandi?”, io ascoltavo le idee precise degli altri pensando che una risposta non l’avevo. Sapevo però una cosa: volevo capire l’essere umano!
Sono un’ape furibonda, diceva Alda Merini. Eccomi: un’ape inquieta che ronza, cerca, disfa e ricerca perché alla fine ci tengo a mettere una goccia di miele in più nel vasetto. E come le api io non vivo sola.
L’ho capito seduta a una tavola ma non quella di casa mia. In quella eravamo pochi mentre alla tavola della comunità eravamo tanti. E c’era casino, c’erano conflitti, c’era umanità vera ed era bello. Io lì stavo bene.
Avevo scelto di studiare Psicologia perché sono rimasta fedele a me stessa e volevo capire la sostanza. Studiavo e lavoravo: commessa, cameriera, il tempo volava ma sai cosa? Mi sembrava di rimanere sempre uguale. E a fine giornata il tempo mi sembrava di averlo perso.
Quando invece sono entrata come Educatrice in comunità tossicodipendenti tutto è cambiato. C’ero io con venti uomini che avevano anche il doppio dei miei anni. Dovevo tirare fuori le mie risorse per non essere sopraffatta perché lì non mi risparmiavano niente. Era difficile ma vero. Era sfrontato e tosto perché nel mio lavoro ti dicono che devi essere empatica, che devi ascoltare attivamente, entrare nella relazione ma devi anche mantenere un distacco. E io avevo 20 anni.
Sentivo di vivere. Non era solo che imparavo ma che il mio esserci, combaciava con il miglioramento degli altri. Nella relazione trovavo la mia forza, il mio punto di riferimento. Per questo ho iniziato a lavorare nel sociale, a contatto con detenuti, persone disabili, famiglie in difficoltà. E ho anche capito che l’essere umano è contraddizione pura, che non puoi funzionare bene solo finchè sei negli occhi di qualcuno. Devi farlo da persona libera.
Ecco perché non potevo stare solo nella relazione. Volevo dedicarmi alla costruzione di futuro. Così ho ricominciato studiare e mi sono diplomata in progettazione sociale. Volevo creare impatto perché per generare cambiamento serve uno sguardo lungo che supera l’urgenza. E poi sono entrata in Mirasole.
Immagina un’abbazia del 1200 dove i mattoni sono intrisi di uno spirito di pace e intrapresa. Si respira un’atmosfera bella di serenità e di lavoro. Perché il lavoro è l’aspetto fondante di progetto Mirasole: quando una persona fa migliora la sua autostima, l’immagina che ha di sè stessa, si creano relazioni e la vita prende forma.
Oggi penso di fare il lavoro più bello del mondo. Anche se a volte è dura. Il fatto è che ciò che fai torna indietro. E io apro le braccia perché quando lo guardo vedo arrivare un mondo giusto.
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