Arianna, 26 anni e la domanda che le ha cambiato la vita
La rubrica #GiovaniSperanze si arricchisce con la storia di Arianna, giovane impegnata nella comunicazione della cooperativa Sophia di Roma, da sempre alla ricerca di ciò che può far fare la differenza alle persone.
La casa con il giardino. Io sono una ragazza che sogna la casa con il giardino. Ma attenzione: non intendo quella classica da ultimo urlo per le riviste d’arredo! Me ne piace un altro tipo e per capirlo c’è voluto del tempo…
Sai cosa succede quando a scuola te la cavi bene? Puoi fare tutto. Io ho sempre voluto capire il mondo e le persone. I miei mi hanno detto Fai il meglio che puoi e così mi sono iscritta: Economia e Marketing. Ti stai chiedendo perché? Me lo sono chiesta molte volte anche io.
Io ci stavo stretta. Sentivo che non era il mio ambiente perché mi sembrava tutto improntato al successo, all’efficienza, alla velocità. Così ho deciso di lasciare. Ma poi è arrivato “il senso del dovere”, il “quando inizi le cose le devi portare a termine”, il “non puoi fallire!”.
Ci stavo e non ci stavo, vivevo senza crederci e mi è cresciuta lentamente la sensazione di cadere nel vuoto. Così ho preso un aereo e sono volata in triennale a Dublino. E finita la magistrale in un mese mi sono trasferita a Parigi per lavoro. Mi serviva, certo ma per cosa?
Forse per crescere. E per farmi appassionare ancor di più delle persone. All’estero conosci storie incredibili e io volevo entrare nella profondità di ognuno. Però ho anche capito una cosa: avevo un irrisolto. Lavoravo nel mercato del design per il lusso. Amavo il mio lavoro: studiare le persone e per loro trovare le soluzioni perfette. Eppure…
Quella sensazione di vuoto non spariva. Mi sembrava di perdere il mio tempo. Così quando mi è capitata tra le mani la domanda immagina di essere morto, cosa lasci? mi sono sentita spiazzata. Cosa lascio? Ero diventata una dipendente, come quelle che vedevo in metro al mattino da studentessa e dentro di me dicevo “No, io non voglio diventare così. Io voglio osare!”
Ma osare per diventare chi? Mi sono presa del tempo, sono tornata a Roma, mi hanno detto “Chiama Federica, lei ti aiuterà a capire”. E lo ha fatto. Sono entrata nell’impresa sociale Sophia solo per vedere. Al tema “migrazioni” ero sensibile tanto quanto tutti coloro che dicono sì all’accoglienza e all’aiuto, niente di più. Mica sapevo di Sophia, del lavoro di sensibilizzazione svolto nelle scuole italiane e africane, dei progetti di formazione e integrazione lavoro…
L’aria diversa l’ho percepita subito. Mi sono sentita libera, serena, appagata. Mi sono sentita di poter essere me stessa. Così di guardare e basta non ne sono state capace. Ho iniziato a scrivere progetti con i ragazzi e poi post, articoli, news.
I ragazzi mi hanno insegnato che c’è un modo diverso di vivere il lavoro. Di fare e di essere. Mi ci è voluto tempo per capirlo. Ma adesso so che il giardino della mia casa non è quello delle copertine. È quello affollato e pieno di gente con cui si costruisce il futuro!
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