Il Ramo, dal cuore al lavoro
“È dal cuore che può iniziare il bene” diceva don Oreste Benzi. A partire dal cuore e dalla consapevolezza che il mondo cambia se ognuno fa la sua parte, dalla fine degli anni ’80, in provincia di Cuneo, si formano alcuni centri diurni, con annessi laboratori, per offrire un intervento riabilitativo, operativo e relazionale a persone che trovavano difficoltà ad inserirsi nei complicati meccanismi della società. Proprio da uno di questi laboratori si sviluppa Il Ramo, la cooperativa sociale emanazione diretta della Comunità Papa Giovani XXIII, che crede nella vita condivisa con gli esclusi e gli oppressi perché solo accogliendo le persone, rendendole costruttrici di storie e non oggetto di assistenza, è possibile rimuovere l’emarginazione.
“La cooperativa nasce per rispondere al bisogno di chi veniva accolto in case famiglia, strutture affidatarie e di pronta accoglienza – racconta Luca presidente del Ramo – Stando a contatto con gli ospiti ci accorgevamo che tutti avevano delle abilità: chi manuali, chi intellettive quindi ci si chiedeva: “Cosa gli facciamo fare durante il giorno?” Perché in quegli anni il territorio non offriva grandi opportunità e le persone più fragili rischiavano di rimanere isolate nelle loro necessità. Sapevamo che le persone che frequentavano il centro potevano esprimersi, potevano trovare un modo per dare un senso alla giornata, perché alla fine è questo che fa il lavoro: ti appropria della dignità grazie alle capacità che possiedi”.
Il lavoro diventa quindi un mezzo per trasformare storie di disabilità, alcoolismo, droga, carcere, malattia mentale ed emarginazione in riscoperta di sé, delle proprie abilità creando così nuove chance di vita. La cooperativa diventa un punto di riferimento sul territorio sia per gli invii da parte dalla comunità Papa Giovanni che dai servizi sociali. Ognuno portatore del suo vissuto e delle sue abilità, all’interno del “Ramo” trova spazio per crescere, socializzare e ricominciare. “Siamo partiti con un’attività di lavanderia e successivamente abbiamo attivato altri servizi: selezione abiti usati e rivendita in negozi, gestione dell’ostello della gioventù, disboscamento, cura delle aree verdi, accoglienza e housing sociale, confezionamento alimentare, servizio di pulizia per enti pubblici, privati e aziende…”.
Una cooperativa che conta 90 lavoratori, 40 soci volontari, presente in 14 strutture di cui possono beneficiare più di un centinaio di persone. “Gestiamo 5 centri diurni per persone disabili ed anziani ed abbiamo avviato una decina di diverse attività lavorative per permettere a tutti di trovare un posto nella società. Non l’abbiamo fatto perché siamo bravi ma perché abbiamo osservato le persone, le abbiamo sentite, abbiamo colto le loro esigenze e allora abbiamo aperto nuove vie” testimonia Luca.
La cooperativa non è solo un posto di lavoro, un posto in cui passare il tempo. È un luogo famigliare in cui si sta bene. Perché quando si vedono madri immigrate sole, con figli a carico, si percepisce che a loro si sta dando l’opportunità di crearsi una nuova vita. Quando chi ha perso la fiducia di tutti riesce piano piano a ricostruire la sua vita, si capisce che con l’impegno si riguadagna la vicinanza sociale. Quando si inseriscono i capi-famiglia e si vedono i figli degli altri crescere bene si trova un senso al proprio fare. “Io penso di fare il lavoro più bello del mondo – afferma Luca – Dopo aver conseguito un Diploma Universitario in Amministrazione Aziendale ho iniziato a lavorare in banca: ero ritenuto fortunato da tutti, avevo un lavoro sicuro e ben remunerato. Dopo qualche anno ho lasciato tutto per venire qui: non mi sono mai pentito di questa scelta perché in cooperativa ho iniziato a crescere tantissimo, sia dal punto di vista umano che lavorativo. Dopo poco tempo ho conseguito il diploma da Operatore Socio Sanitario: in parte mettevo a frutto gli studi effettuati e in parte mi dedicavo alle attività con gli ospiti diversamente abili che frequentavano i nostri Centri Diurni. Con la crescita della cooperativa mi sono dedicato sempre di più all’aspetto amministrativo/contabile e meno a quello educativo, ma sono felice perché sto mettendo a frutto le mie competenze a favore delle persone più fragili e bisognose”.
Il ramo non è solo assistenza, educazione e lavoro. E’ anche collaborazione e sinergia territoriale per sensibilizzare i cittadini a vivere insieme in una comunità capace di abbracciare chiunque, anche chi è diverso da sé. “Ospitiamo i ragazzi delle scuole superiori per tirocini perché lavorando con le giovani generazioni sia sempre più facile capire che non siamo ghetti ma cerchiamo di vivere e far vivere persone con fragilità immersi nella società”. Nonostante la pandemia li abbia spinti a riguardare le cose per affrontare il futuro, Luca è certo che “insieme, dalla fiducia reciproca e nella collaborazione che ci contraddistingue, riusciremo a creare nuovi progetti che abbiano sempre a fuoco la persona, la persona in difficoltà”.