LVIA per costruire la pace tra Africa e Italia
Nonostante il mondo sembra essersi fermato di fronte alla malattia, milioni di persone scappano ancora dai propri Paesi. Solo in Italia a partire dall’inizio dell’anno quasi 6 mila persone sono sbarcate sui confini nazionali. Come intervenire?
Quando l’odio supera la conoscenza e il pregiudizio offusca la visione dell’altro è necessario fare qualcosa. Ne è consapevole LVIA, associazione di solidarietà e cooperazione internazionale che dal 1966 contribuisce a creare sistemi orientati al superamento della povertà estrema, alla realizzazione di uno sviluppo equo e sostenibile e al dialogo tra le comunità italiane e africane. L’associazione opera in 10 Stati africani per permettere agli abitanti di vivere una vita dignitosa. Igiene, acqua, sicurezza alimentare, agricoltura e sviluppo rurale, ma anche partecipazione democratica, tutela ambientale ed azione umanitaria sono i settori di intervento su cui l’associazione investe affinchè l’Africa possa superare il depauperamento inflitto per secoli a favore di una nuova economia.
Per costruire in Africa come in Italia
“Ci muoviamo in quelle terre in cui mancano i diritti fondamentali: nutrizione, istruzione, libertà di pensiero…spesso le zone rurali sono sprovviste di accessi all’acqua. Non ci sono pozzi, l’acqua è contaminata, non ci sono scuole. La siccità, i cambiamenti climatici imposti dal nostro modo di vivere, incidono pesantemente sulla coltivabilità. La terra è arida, mancano attrezzi, sementi e conoscenza di tecniche di coltivazione adatta” racconta Maurizia Sandrini progettista dell’associazione. “In Africa più del 50% della popolazione è giovane. Per questo emigrano: sono in cerca di lavoro e di speranza”.
Nel 30esimo dossier statistico sull’Immigrazione elaborato dal Centro IDOS appare chiaro come inizi il flusso migratorio: oltre 26 milioni di africani si spostano nel continente passando dalle zone rurali alle metropoli. “Le metropoli sono terre di mezzo in cui i giovani vivono spesso di espedienti, alla ricerca di fortuna e quando non riescono fanno il grande salto per uscire dal continente. Ma la domanda è: ci riusciranno?”. Oltre 40 milioni di persone nel 2019 hanno provato a varcare i confini continentali passando dalle tappe obbligate: polizia, posti di blocco, carcere. Veri e propri viaggi della speranza fino a quando il piede non tocca terrà al di là del mare.
“Lavoriamo sia in Africa che in Italia. Nel nostro Paese ci concentriamo sul campo dell’educazione alla cittadinanza mondiale – afferma Maurizia – perché la migrazione è un fenomeno che non possiamo fare altro che accogliere”. Si lavora con bambini, studenti e cittadini per sviluppare una comprensione critica della società plurale, per favorire il dialogo tra culture ma anche tra giovani ed istituzioni. “Crediamo che sia possibile una società più accogliente e i giovani in questo giocano un ruolo importante”. Sensibilizzazione e informazione sono i principali strumenti adoperati dall’associazione che incontra annualmente più di 3 mila studenti. “Il cambiamento lo noti subito: si accende in loro il desiderio di conoscere, di ascoltare, di incontrare”. Per questo si sono moltiplicate negli anni le iniziative di confronto e contatto tra culture: biblioteche viventi, progettazioni locali, inclusione sociale e lavorativa.
Il progetto Le ricette del dialogo
Nel 2019, in un periodo storico in cui più di 270 milioni di persone abbandonavano la propria casa in cerca di un Paese in cui vivere, in Italia si sentiva parlare di muri, di odio e respingimento. “A noi piace la progettazione partecipata così abbiamo raggruppato 8 enti e tante idee. Abbiamo formato 78 persone per creare un progetto innovativo capace di favorire l’inserimento lavorativo, quello sociale e lo scambio di buone pratiche. Da qui è nato Le ricette del dialogo perché non si conosce davvero qualcuno fino a quando non ti siedi e mangi con lui!”.
Il cibo è diventato un vettore di contaminazione, di conoscenza e dialogo. “Si mangia a casa di una persona migrante. I piatti tipici della sua terra sono accompagnati dal racconto dei prodotti, del luogo, delle storie tipiche di posti sconosciuti. Il cibo ha aperto le porte e allontanato la distanza” un progetto che ha favorito lo sviluppo di sei attività imprenditoriali e la creazione dell’omonimo ricettario, realizzato in partnership con Slow Food, che è stato protagonista di conferenze e fiere di rilievo.
Le attività di LVIA nell’ultimo anno hanno i coinvolto più di 922 mila persone grazie al contributo di oltre 200 dipendenti in Italia e all’estero e più di 300 volontari. “Abbiamo ancora molta strada perché per costruire una società più giusta ed integrata serve fare e serve impegno”.
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