Luca, 33 anni e una certezza: se c’è ricchezza deve esserci per tutti
La rubrica #GiovaniSperanze si arricchisce con la storia di Luca Angeli, giovane trentatreenne lucchese, che nella vita ha dovuto camminare per scoprire che la sua strada era a un passo da casa.
Mio padre mi ha trasmesso tutto. Se salto indietro con i ricordi potrei dire che la mia strada era già segnata, fin da bambino. Ma sarebbe stato facile così. Io invece per trovarla ci ho messo anni. C’è chi direbbe “anni persi”, invece, a guardarli ora, sano anni guadagnati.
Hai presente quando dicono che per capire le cose ci devi sbattere la testa? Eccomi qua! Sono geometra ma il lavoro d’ufficio non fa per me. Non che l’abbia capito subito, figuriamoci! Mi è servito anche un periodo ad ingegneria per dirmi “la tua vita è fatta di altro”.
Allora sono volato in Inghilterra perché non sapevo che forma avesse questo altro. Volevo studiare la lingua e un po’ di economia. Poi sono tornato e mi sono chiesto se volevo entrare nell’azienda di famiglia. Stai pensando “perché sbatterti tanto se i tuoi hanno un’impresa!”?
Perché era il loro sogno, ma non il mio! Fortuna vuole che per la mia famiglia le scelte libere sono sempre state più importanti. E così l’ho fatto. Mi sono preso un anno sabbatico.
Non ero triste. Ma ero spaesato. Cercavo qualcosa che mi facesse stare bene. Non lo trovavo. Mi sono lanciato sul servizio civile perché avevo bisogno di fare. Ed è stato lì che ho incontrato Calafata!
Altro che anno sabbatico! Ho sgobbato. Era appena partita l’orticultura e mi hanno messo alla raccolta sotto il sole cocente estivo a tirare su ortaggi. Ero un ragazzo italiano alla pari con tutte le persone che avevano vite più complesse della mia.
Sai cosa? Stavo bene. Stare nella natura, fare fatica, costruire relazioni schiette, autentiche, vere…questo era il mio mondo. Ho iniziato a guardare l’umanità in tutte le sue forme. Nel viso dei richiedenti asilo, negli occhi dei pazienti psichiatrici, nei pensieri di chi usciva dal carcere o dalla dipendenza.
Io potevo essere qualcuno e dare. L’ho capito quando ho sentito che la mia voce per loro aveva peso. Allora ho avuto paura e mi sono domandato “cosa accade se qualcuno si approfitta delle loro fragilità?”. Mi sono fatto coraggio e ho chiesto di restare.
Fatalità serviva qualcuno che si occupasse delle vendite. Si doveva parlare in lingua con i ragazzi. E bisognava ampliare la rete commerciale, anche online. Qui ho capito la frase che dice sempre mio padre: “Se c’è ricchezza, deve esserci per tutti”. Ecco perchè ho messo un punto al mio peregrinare.
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