CALAFATA: dalla terra per tornare a vivere
Un tempo i calafati erano mastri che recuperavano navi distrutte, con corde e pece davano loro nuova vita e sicurezza per tornare in mare. A Lucca quel tempo non ha cessato di esistere perché le navi si sono trasformate in persone e quei mastri sono diventati uomini e donne che hanno fatto una scommessa, hanno provato a dare forma ad una realtà capace di restituire vita, dignità e sicurezza a chi le aveva perdute.
“Io nei campi ci sono cresciuto, poi il lavoro mi ha portato altrove, ma c’è stato un momento in cui l’agricoltura mi ha chiamato e quella chiamata l’ho sentita maturare dentro di me” racconta Marco Bechini, direttore della cooperativa sociale agricola Calafata. Perché la terra ha qualcosa di magico e primordiale. Un richiamo che cela nuove possibilità e germogli da far sbocciare. Un modo di vivere che abbraccia i ritmi delle stagioni e porta con sé nuove sensazioni di pace, serenità e completezza. Un senso dell’esistenza ritrovato nel lavoro delle proprie mani che seminano, piantano, curano e raccolgono frutti. “Per nascere questa cooperativa ha avuto una gestazione lunga un anno tra cene, incontri e sopraluoghi per capire come fare” testimonia Marco perché alla fine Calafata ha rappresentato una rinascita per tutti, fondatori e lavoratori, ed ha segnato un prima e un dopo apertura.
Un prima fatto di vite che avevano le loro certezze e buoni stipendi. Come Marco che faceva il progettista di impianti farmaceutici ma che ha levato le ancore verso l’Africa, stando in missione un paio di anni, perché nella pancia sentiva che desiderava qualcosa di più. E come lui anche gli altri fondatori della cooperativa. Così il vigneto messo a disposizione per progetti sociali e la telefonata che dice “C’è un terreno, un po’ d’attrezzatura e una cantina. Cosa ne dici di farci un progetto con persone che hanno un passato fragile?” diventa un invito per dare luce a nuovi orizzonti.
E c’è il dopo apertura Calafata, quando l’incontro con la sostenibilità, il biologico, le seconde opportunità motivano a salpare verso nuovi mari grazie ad una cooperativa che nasce per dare vita nuova ai suoi dipendenti: persone che arrivano da percorsi difficili legati alle dipendenze, alla malattia mentale, al carcere o all’immigrazione. “Insieme ai servizi sociali abbiamo scelto di garantire un supporto a distanza senza avere personale sanitario interno perché vogliamo che le persone sentano di ricominciare da loro stesse, come a dire il peggio lo hai attraversato adesso si riparte” riferisce Marco. Un ricominciare insieme che all’inizio è valso per tutti perché tutto era da apprendere. Poi quando si sono sentiti pronti hanno sperimentano e dato avvio nuovi approcci.
“Abbiamo iniziato con la manutenzione del verde e con il vino. Abbiamo scelto di produrre vino biologico e biodinamico perché vogliamo lavorare in armonia con l’ambiente, con prodotti naturali, migliorando la fertilità del terreno e seguendo i ritmi della natura” testimonia Marco.
Così Calafata diventa possibilità anche per la terra di prendere nuove forme. I terreni delle loro produzioni sono appezzamenti ritenuti improduttivi, campi che l’agricoltura tradizionale abbandona perché poco redditizi ma che nelle loro mani viene recuperata e ritorna fertile. “Dopo il vino abbiamo iniziato con l’olio, poi il miele e gli ortaggi. Ci siamo lanciati in produzioni stabili e dinamiche cosicchè le capacità di tutti siano valorizzate – dice Marco – Oggi nella cooperativa lavorano 26 dipendenti, arriviamo anche a 70 nelle stagioni più produttive”. Negli anni sono riusciti a generare una rete di vendita in Italia e all’estero mentre gli ortaggi li consegnano a domicilio alimentando un legame di fiducia con l’acquirente perché dietro i loro prodotti non c’è solo qualità ma anche voglia di futuro, impegno contro il caporalato e contro l’agricoltura industriale.
“Le persone sono come la terra che rifiorisce. Con questo lavoro li abbiamo visti stabilizzarsi e costruirsi anche una famiglia. Possono vivere una vita comune. Alcuni dei nostri dipendenti sono entrati a far parte del coordinamento. E poi – confessa Marco – non ci si ferma mai perché la rete informale e volontaria di Calafata c’è anche per le piccole cose: consulenze, traslochi, ricerche di case, erogazioni di piccoli prestiti. Vogliamo aiutarli a costruire una vita autonoma”.
Un dopo Calafata dove gli uomini tornano ad essere navi che spiegano le vele verso il mare aperto.