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Da Google alla scuola: la bussola ritrovata di Elisabetta

Elisabetta Altomare

La rubrica Giovani Speranze si arricchisce con la storia di Elisabetta Altomare, ex partner manager di Google, oggi impegnata all’interno della cooperativa sociale Sophia nella formulazione di piani d’orientamento formativo per i ragazzi delle scuole superiori.

Una parola nuova…ecco di cosa avevo bisogno da ragazzina.

Invece ci sono voluti anni, un lungo soggiorno all’estero, la nascita dei miei bambini per capire che quella parola era da sempre dentro di me. Solo che non riuscivo ad ascoltarla…

Forse ero distratta dall’idea di dover scegliere. Di trovare un lavoro. Di non deludere. Tra i miei amici c’erano quelli appassionati a una disciplina, quelli talentuosi in uno sport e mi sembrava che per loro il futuro fosse una scelta semplice: inseguire la loro qualità. Mentre io?

A me piaceva far star bene gli altri. Ma che lavoro è? Mi dicevo…Già che lavoro è?

Sono arrivata all’università con tante domande e una sola certezza: sapevo ciò che non volevo. Fare il medico, come era tradizione in famiglia. Così ho scelto Economia, la facoltà che lascia le porte aperte.

Le porte e anche gli orizzonti. Perché alla fine del mio percorso dopo aver scoperto che non mi piaceva la consulenza e nemmeno il lavoro universitario, mi hanno chiamata per lavorare a Dublino. Il lavoro in sé non era chiaro ma sarei stata all’estero, che avventura! E soprattutto avrei lavorato in…

Google. Sì, hai letto bene. Ero nel quartier generale europeo! Wow!

All’inizio era tutto così esotico e sorprendente. C’erano giovani da tutta Europa, benefit incredibili, un contesto stimolante che mi pompava di adrenalina e di autostima perché quando lavori in Google la gente ti guarda con la bocca aperta…come fossi su un piedistallo.

Ma la vuoi sapere una cosa? Con gli anni, quando l’effetto wow è diventato il sorriso di mio figlio e le bellezze che scoprivo in relazioni autentiche, mi sono chiesta: a cosa stai dedicando le tue energie? Il mio, in verità, era un lavoro normalissimo: facevo l’account manager, gestivo un portafoglio clienti e sì lo facevo in Google. Però non ero realizzata. Non ero felice.

Per questo, dopo qualche anno, siamo tornati in Italia.

Pensavo che la vicinanza geografica lenisse i miei pensieri. Ma non c’è approdo per chi non vuole collegarsi al proprio cuore. Perché resti se non ti piace quello che fai? mi chiedeva un amico, di quelli che non hanno paura a farti stare “scomoda”, se ti vedono infelice. Che domanda! Ero appesa a tante scuse, stretta in un bozzolo di incertezze, bloccata in un percorso professionale non mio.

Sono passati giorni. Vabbè, mesi! Ma la relazione con la cooperativa Sophia e con altri amici che erano riusciti a fare una scelta davvero libera mi ha fatto capire che è possibile vivere la propria pienezza. Così mi sono messa a scavare, scavare a fondo per comprendere che nella sicurezza economica si nascondeva la mia grande paura: essere libera di fare quello che mi piaceva.

E io, semplicemente non lo stavo facendo! Vieni nelle scuole con noi! mi hanno chiesto i ragazzi di Sophia.

E l’ho fatto. Ho scelto di far stare bene gli altri!

Oggi porto ai ragazzi quella parola che avrei voluto ricevere tanti anni fa: àmati! Ma non gliela dico. Lascio che ognuno trovi la propria all’interno di un programma di orientamento basato sull’ascolto attivo, la consapevolezza di sé, l’essere presenti a sé stessi. Curo le relazioni con i docenti per aiutare i ragazzi a trovare gli strumenti che li aiutino a sapere chi sono, perché alla fine solo loro sono la bussola per il loro futuro.

Ti è piaciuta questa storia? Puoi leggere altre esperienze della rubrica Giovani Speranze come la storia di Alberto!