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Perché strutturare un Piano di Comunicazione nelle Imprese Sociali

Ogni ente sociale per raggiungere utenti e beneficiari, per creare una comunità intorno a sé e raccontare la missione del proprio lavoro, comunica. Lo si fa in tanti modi dai più informali a quelli strutturati. Lo si fa in piazza, in privato, durante manifestazioni pubbliche ma anche su piattaforme social e digital. Cosa fa la differenza? Perché alcune organizzazioni riescono a comunicare meglio di altre?

Abbiamo chiesto a Silvia Barone, esperta di marketing digitale, di aiutarci a capire come mai i Piani di Comunicazione sono importanti e aiutano a raccontarsi meglio.

Silvia, quale è la tua esperienza professionale nel terzo settore?

Iniziai la mia collaborazione con Fondazione Più di un Sogno nel 2015 perché rimasi colpita dal progetto che sostiene persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva, dall’infanzia all’età adulta. Nel panorama delle imprese sociali trovai in Più di un Sogno delle idee e delle iniziative appassionate, oltre che colleghi competenti con cui è possibile dare vita a progetti entusiasmanti e ambiziosi Con il mio lavoro mi occupo di pianificare e sviluppare strumenti di comunicazione per imprese private e sociali.
Ho una laurea specialistica in Comunicazione ed Editoria Multimediale e un Master in Comunicazione Integrata d’Impresa. Dal 2018 sono docente MIUR presso la scuola pubblica e da anni insego marketing digitale in corsi per adulti così ho pensato di trasferire le mie competenze all’interno di questa organizzazione.

Da dove bisogna partire per costruire un piano di comunicazione?

Partendo dal presupposto che strutturare un Piano di Comunicazione è un percorso estremamente “intimo”, auspicabile per ogni impresa sociale, credo sia utile offrire degli spunti per condividere un possibile approccio, prima di avviarci verso la strada della stesura di questo fondamentale “strumento di comunicazione d’impresa”. Parlo di strumento di comunicazione perché lo è a tutti gli effetti, trattandosi di un documento formale in grado di farci raggiungere, nel tempo, obiettivi specifici che vengono dichiarati, nero su bianco, e applicati concretamente dall’impresa in maniera strumentale e fattiva.
Il piano di comunicazione è un documento difficilmente standardizzabile, proprio perché gli obiettivi a breve, medio e lungo periodo sono molto diversi da una realtà d’impresa sociale ad un’altra, pertanto presuppone che prima di mettercisi a lavorare, essi siano ben chiari nella mente dei coinvolti, insieme alla missione e ai valori. Ecco perché, di norma, si parte con un’analisi dello stato d’arte degli strumenti di comunicazione utilizzati dall’organizzazione e con una serie di incontri atti a generare un “briefing” che restituisca una fotografia del contemporaneo.

Cosa bisogna cercare durante l’analisi?

L’analisi ci conduce a creare una sorta di “sintetico bignami” legato al nostro operato, che fungerà da ossatura strutturale e che possiamo definire una “buona causa”. Il Piano di Comunicazione infatti, è un documento strategico più ampio di un semplice briefing, dal quale si possono evincere chiaramente gli obiettivi nel tempo e gli strumenti di comunicazione atti a raggiungerli. Come ogni strumento strategico, è frutto di un lavoro congiunto di professionalità e competenze, in grado di cogliere e rappresentare l’essenza corale dell’anima di un’organizzazione. Il primo doveroso impegno di comunicazione di quasi tutte le organizzazioni è capire sé stesse e dove stanno andando, aspetti che non si possono lasciare per scontati. E per far ciò, l’organizzazione ha bisogno del “suo tempo”, senza forzature, “perché non si può chiedere ad una mela di maturare in anticipo”.

Poiché in ogni organizzazione è in costante balia di voci differenti, talvolta contrastanti, e di repentini cambiamenti, il primo lavoro che richiede tempo e impegno, è uniformare una visione che deve essere condivisa e accettata almeno ai massimi livelli, per poi essere diffusa a tutta la rete capillare di utenti coinvolti.

Cosa bisogna aspettarsi dal Piano di Comunicazione?

Il Piano di Comunicazione ci aiuterà a capire e raccontare chi è la nostra organizzazione e cosa fa, migliorerà la nostra visibilità e ci aiuterà a tenere monitorata la nostra reputazione, pilastro basilare del marketing contemporaneo.

Il secondo step significativo e imprescindibile da compiere è comprendere quali sono i pubblici a cui ci rivolgiamo, le loro caratteristiche e i loro sogni e desideri. Si tratta di individuare le community che abbiano la sensibilità per comprendere e recepire il nostro messaggio. Attenzione: non è mai una sola e, purtroppo, è impossibile semplificarla ad un unico gruppo. Si tratta di pubblici molto diversi tra loro, per i quali dobbiamo sforzarci di comunicare nel modo più efficace. Il racconto stesso dell’organizzazione si tinge quindi di sfumature diverse e deve essere pronto ad utilizzare linguaggi diversi.

Solo allora, nel Piano di Comunicazione, saremo in grado di avanzare ipotesi concrete sugli strumenti che riteniamo più adatti per comunicare con il nostro pubblico: dal cartaceo al web, dagli eventi al digital, dai social al video.
Ad ognuno infine, la scelta delle priorità per intraprendere un’avventura avvincente, in grado di sensibilizzare sul nostro “fare bene” il pubblico più vasto possibile.