Lettera al domani

La città a marzo sembrava una città di guerra: file immense fuori dai supermercati, ambulanza ogni minuto, polizia ovunque, niente traffico. Noi onestamente non eravamo pronte.

Quali sono le nuove strade da percorrere? Su quali nuove produzioni investire per andare oltre al tradizionale?

Man mano che il cantiere si faceva più complesso, ci è stato chiaro che il nostro modello che, fin qui aveva funzionato, sarebbe entrato in crisi. Si rendevano necessarie tutte una serie di accortezze nuove. Ci si chiedeva di essere capaci di pensare a strade nuove partendo dall’esistente. Ci siamo trovati a rallentare ma mai a fermarci, almeno con il pensiero, per scoprire spiragli verso direzioni inaspettate.

Lo confesso, abbiamo difficoltà nella liquidità per pagare gli stipendi, non riuscendo a tenere i ritmi di vendita dei nostri prodotti adeguati a coprire i costi. Ma non è solo questo. Non vogliamo essere lasciati soli ad affrontare un evento e difficoltà più grandi di noi. In questo particolare momento abbiamo bisogno di sentire qualcuno vicino. Vorremmo poter condividere la nostra fragilità, di uomini e di enti, con quante più persone possibile, in modo che dal confronto con ciascuna di esse possano nascere idee, proposte e progetti.  Ci siamo mossi alla ricerca di aiuti e soprattutto abbiamo sempre cercato di farcela, convinti profondamente che ciò che facciamo non è solo un lavoro ma una vocazione.

È vero il virus e la pandemia hanno cambiato la nostra vita, le nostre abitudini. Ho dovuto rivedere le comode certezze e ho deciso di dare un nuovo senso alla vita. Cambia la forma, ma noi cerchiamo di mantenere la sostanza, di confrontarci sulle opportunità che può offrire la nuova normalità che pian piano andremo a costruire. Quali sono le occasioni che si possono cogliere anche in un tempo di ripartenza come quello che stiamo vivendo?

Ma davvero dobbiamo sentirci minacciati della “fine del mondo” perchè crollano i mercati finanziari, le borse, le banche? Questi crolli cosa minacciano veramente e quale rovina vera possono causare? 

Forniamoci aiuto reciproco tenendoci insieme noi che del contagio abbiamo fatto e vogliamo continuare a fare humus. Ciò che ora più ci preoccupa è la possibilità di superare il momento virtuale per passare all’incontro concreto e, per così dire, reale, disponendo al più presto di permessi e protocolli chiari e sanitariamente sicuri. Sto imparando poco alla volta, che per far fronte alle sfide quotidiane che questa situazione mi impone mi serve una grande disponibilità di cuore. Anzi, semplicità di cuore verso i miei colleghi, mia moglie, le mie figli ed i miei amici. Un cuore spogliato del superfluo. Come un bambino.

D’altronde la pandemia ci ha fatto capire che spesso ci dimentichiamo che viviamo tutti nello stesso pianeta nel quale dobbiamo condividere gioie e dolori. Io ero certa che questo sarebbe stato un periodo di “grazia” ma, come sempre, la realtà ha superato ogni mia aspettativa.

Perché ci siamo ritrovati a operare con uno sguardo più di prospettiva, a ragionare più sul futuro slegati dalle urgenze quotidiane. Non ci siamo mai fermati ma al contrario abbiamo cercato di reinventare nuove modalità per non lasciar sole persone in difficoltà. Abbiamo continuato a sperare, a coltivare relazioni perché l’essere umano ne ha bisogno quasi come l’aria che respira.

La relazione, il contatto umano, l’apertura mentale servono per creare alternative e riuscire a riadattarsi. Questa sta diventando un’opportunità per sviluppare relazioni e ritrovarle. Un ‘occasione per ripensare alla nostra associazione. Un’ occasione che richiama alla responsabilità, all’essere presente. Forse solo il pensiero, la fiducia reciproca, il dirci uno con l’altro “ci siamo e vogliamo essere bene per l’altro” genera speranza e voglia di continuare il nostro impegno.

Come possiamo rendere dignitosi e pieni di vita questi tempi così lunghi, fatti di isolamento e distanziamento? Come sarà il dopo? Ripariamoci e ricostruiamo il nostro modo di stare insieme con laboratori creativi, di ceramica, musica, sartoria… Con l’affiancamento di un supporto psicologico, la bellezza e l’arte come strumenti di ricrescita e riavvicinamento per offrire a giovani, fasce fragili, disabili che stanno vivendo isolati, momenti di forte rinascita. Parliamo di economia, confrontiamoci con giuristi e costruiamo il dopo di noi.

La pandemia ci ha costretto a guardare in faccia la realtà: siamo tutti connessi, interdipendenti, non posso stare bene io se non stanno bene gli altri, anche se stanno dall’altra parte del mondo. Da domani sarà determinante muoversi secondo prospettive larghe, dinamiche con la capacità di lavorare assieme ai vicini di casa, senza gelosie e protezionismi, sapendo che diventerà necessario il rinnovamento continuo, giornaliero. Cambiare marcia non sarà facile e non sarà facile vincere le resistenze molto umane di chi ha speso una vita nel particolarismo. Ma noi come sempre non ci arrenderemo e stiamo già cercando il filo rosso che ci permetta di affiancare le famiglie con presenza, continuità e sostegno.

Forse è arrivato il momento in cui anche l’economia deve cambiare rotta e dobbiamo essere noi i promotori e i testimoni del cambiamento promuovendo scelte coraggiose, etiche e che davvero possono essere lievito per cambiare le cose.

Vogliamo finalmente costruire quel “noi” che porta fuori dall’isolamento degli “io”.

Fondazione CattolicaVerona
Via Adua, 6 37121 Verona (Italia)
T. +39 045 80 83 211

fondazione.cattolica@generali.com

Governance - Note legali - Statuto - Modello 231 e procedura WhistleblowingPrivacy e Cookie policy

©2022 Fondazione CattolicaVerona - Codice Fiscale 03568950236

Seguici sui Social: