A salvarci non sarà la scienza!

A salvarci non sarà la scienza!

Quali sono i cambiamenti reali che come singole persone, imprese e comunità possiamo adottare per favorire la generazione di uno sviluppo più armonioso tra uomo e ambiente? Lo abbiamo chiesto a Andrea Bariselli.

Viviamo in un’epoca storica in cui la parola sostenibilità è all’ordine del giorno. L’Agenda 2023 delle Nazioni Unite ne ha definiti gli ambiti di sviluppo: economico, ambientale e sociale. Ma la realtà è che per parlare di sostenibilità è doveroso chiedersi quali sono i cambianti reali che come singole persone, imprese e comunità possiamo adottare per favorire la generazione di uno sviluppo più armonioso tra uomo e ambiente. In fin dei conti la Terra si adatterà ai cambiamenti, ma l’essere umano?

Abbiamo scelto di intervistare Andrea Bariselli, psicologo, neuroscienziato, fondatore di Strobilo e autore del podcast “A wild mind!” per comprendere quali sono le connessioni tra uomo e ambiente, tra il benessere del pianeta e il benessere dell’essere umano.

Andrea, partiamo da principio: quali sono le antiche radici dell’uomo?

Come specie vivente la nostra radice è la biosfera. L’ambiente naturale è il nostro ambiente, è l’ambiente che ha permesso alla nostra specie di evolvere e svilupparsi. Nei secoli però abbiamo tentato di urbanizzare i luoghi per rendere più comoda la nostra vita e oggi ci troviamo di fronte ad a una umanità che ha perso interesse nei confronti dell’ambiente naturale, che scappa dalla fatica e al tempo stesso idolatra la sostenibilità. Mi chiedo come possiamo davvero proteggere e tutelare ciò che in realtà non conosciamo più?

A proposito di sostenibilità, cosa pensi quando ne senti parlare?

Mi viene la pelle d’oca perché a ben guardarci andiamo a mode. Adesso la parola “sostenibilità” è ovunque ma mi sembra che in Italia la consapevolezza sia ancora bassa mentre sta crescendo in questo senso l’opportunità finanziaria. Da dove partire? Mi verrebbe da dire dal buon senso. Mia nonna, ad esempio, non buttava via niente e non perché faceva economia circolare o perché voleva fare “sostenibilità” ma semplicemente perché sapeva che le risorse erano limitate e si prendeva il tempo per averne cura. Ecco, fare sostenibilità vuol dire comprendere il collegamento tra le cose, valorizzarlo e ottimizzarlo. Nel mondo il 10% della popolazione più ricca inquina per il restante 90%. Non possiamo continuare a nascondere le responsabilità. Dobbiamo cambiare i processi e le abitudini soprattutto oggi che grazie all’informazione sappiamo come vengono prodotte le cose.

Negli anni abbiamo costruito un mondo sempre più a misura d’uomo. Come l’urbanizzazione sta cambiando l’essere umano?

Ho sempre trovato interessante il fatto che ci sono voluti circa 14 mila anni per arrivare ad una popolazione di 3 miliardi di persone e meno di 90 anni per quadruplicare il numero degli abitanti sul pianeta. Come è stato possibile questo? Grazie a uno sviluppo che si basa sulla combustione fossile, sull’uso delle risorse del pianeta per creare energia. L’essere umano è per sua natura creativo e pensante, ma è anche opportunista per questo abbiamo costruito luoghi performanti in cui continuare a crescere. Abbiamo dato forma alla comodità e oggi passiamo circa 20 ore in ambienti chiusi esponendoci ad una concentrazione di gas che fanno calare le nostre prestazioni cognitive e decisionali. Questo ha ripercussioni sull’apprendimento scolastico, sulla performance lavorativa. Ci siamo raccontati che siamo essere multitasking ma il nostro cervello è un organo lento non progettato per questo. Allora mi domando: la nostra specie sta ancora evolvendo? Io penso che stiamo semplicemente cambiando.

Si tende a pensare a uomo e ambiente come entità distinte. Ma è davvero così?

Dico spesso C’è stata rubata l’attenzione perché il nostro cervello riceve stimoli illimitati che non riesce a processare. Basti pensare a quando camminiamo in una strada: il traffico, le luci, i suoni abbiamo occhi e orecchie che devono processare costantemente e questo genera uno stress sul nostro cervello che comunque ha l’obiettivo di favorire il nostro adattamento in base alle situazioni in cui viviamo. L’urbanizzazione sta cambiando la struttura del cervello per adattare meglio l’essere umano al contesto. Ma siamo stati progettati per rimanere in cattività? No! Le neuroscienze ci dimostrano che le esperienze all’aria aperta, in natura, migliorano l’attivazione dei sensi, la qualità emotiva, la concentrazione, il rilassamento delle persone. L’impatto positivo della natura sull’uomo è dimostrato ma sembra che ancora non basti. Le persone hanno bisogno di tornare a fare esperienza per comprendere il pianeta e oggi mi sembra che iniziamo a svegliarci da un incantesimo, stiamo vivendo un risveglio collettivo che riguarda l’intero ecosistema. Mi domando: ora che ne siamo consapevoli, saremo capaci di smantellare alcune nostre abitudini in funzione del futuro?

Se parliamo di futuro, cosa dovremmo fare secondo te per salvare il pianeta?

Per cambiare abbiamo bisogno di scelte coraggiose e di abbandonare la nostra comodità. Dobbiamo accettare compromessi e comprendere che ciò che abbiamo potuto fare con libertà e facilità in realtà ha un costo (di risorse e di impatto) che non possiamo più permetterci. Serve lavorare sulla cultura delle persone ma anche sulle scelte politiche delle amministrazioni, sull’orientamento delle aziende e delle lobby. C’è chi davanti ai dati, si consola pensando che tanto ci salverà l’ingegno della scienza. Io vorrei sfatare questo mito perché il problema è complesso, è sistemico e richiede interventi su vasta scala. Per questo penso che a salvarci sarà il cambiamento del nostro stile di vita.  I giovani questo l’hanno capito e si stanno facendo domane autentiche su ciò che li attende. Mi sembra però che ci sia una spaccatura generazionale e per ripartire le risposte dobbiamo darle tutti e insieme.

Di sostenibilità e sostenibilità integrale ne abbiamo parlata anche con Rete Verso, l’organizzazione che a Verona sta educando al cambiamento!

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