A Napoli per coltivare lo spirito dell’impresa sociale
Insieme a un gruppo di “Giovani di Valore”, Fondazione CattolicaVerona è scesa a Napoli per vivere un’esperienza formativa sulle imprese sociali e la partecipazione comunitaria
Ogni viaggio è segnato da alcune aspettative iniziali e questo, organizzato per premiare i “Giovani di Valore”, non era da meno. Conoscere, scoprire cose nuove, crescere erano solo alcune delle attese messe in valigia. Ma cosa portiamo a casa al termine di questa esperienza? La conoscenza di un Meridione che non è quello che solitamente leggiamo sui giornali. Un territorio ricco di micro imprenditorialità, caratterizzato da legami forti, da reti dinamiche, da bisogni chiari e risposte sinergiche che provengono sempre dal basso, da lavoro e possibilità che nascono laddove sembra impensabile. La forza del Terzo Settore a Napoli è proprio questa: esserci. Essere Persone con le persone. Abitanti di quartieri, conoscitori di una terra, coltivatori di talenti.
Un’esperienza di 3 giorni passata tra 12 visite formativo in 7 imprese sociali e 5 siti culturali. Se per ogni sito visitato avremmo almeno un articolo da scrivere, ecco una sintesi di ciò che ci sembra essenziale.
1. Legami
E’ la prima strategia da adottare per sviluppare imprese e creare uno spirito di comunità. Mario Cappella, Direttore di Fondazione San Gennaro, racconta “costruire legami è una strategia a cerchio concentrico. Parti dal piccolo, da quello che il territorio ha, dove ci sono persone, beni e talenti. Parti dalla chiesa, dalla via, dal quartiere, poi ci si apre e via… ma ogni iniziativa parte sempre dal basso”. Un modus operandi che è stato confermato in tutte le realtà che abbiamo visitato. Come Remade Community lab, ad esempio, che durante la pandemia è stata capace di lavorare sulla produzione artigianale di boccagli in plastica riciclata che sono diventati strumento sanitario per gli ospedali. O come le Comunità Energetiche che a causa dei rincari delle bollette hanno ideato un sistema di produzione di energia a minor impatto ed economicamente più sostenibili. O come la Scuola del Fare nata per contrastare il tasso di abbandono scolastico offrendo agli studenti la possibilità di fare (non solo studiare) meccanica e logistica. Come la Fattoria Fuori di Zucca che ha trasformato una “discarica sociale” in opportunità di lavoro per chi ha più fragilità, mettendo la comunità al centro. Come Villa Fernandes, una rete di enti del Terzo Settore che hanno reso un bene sottratto alla camorra un vero hub sociale. O come La Paranza, la cooperativa che ha unito il patrimonio artistico culturale del Rione Sanità con il talento e il sapere dei giovani.
2. Sapere
“Per fare comunità bisogna occuparsi di creare comunità educanti” continua Mario Cappella che negli anni ha compreso l’importanza dell’ascolto del territorio, la lettura delle energie delle persone, la capacità di non fermarsi al problema ma lo stimolo a reagire. Per cambiare e offrire opportunità c’è bisogno di sapere. Di saper essere e di saper fare. Ne sono una prova tutte le persone incontrate in queste giornate come Melania, Filomena, Antonio, Rebecca, Giuliano, Francesca che non si fermano a un titolo di studi ma si aggiornano costantemente. Professionisti difficilmente sintetizzabili in una sola area di appartenenza professionale perchè per creare progetti di comunità servono competenze trasversali e i ruoli professionali si mescolano mettendo la propria essenza a favore della competenza e viceversa. Hai presente il famoso learning by doing? Ecco: si impara facendo. Dalle attività, dai progetti, dai libri, dalle persone, dallo scambio…
3. Mai accomodarsi
O se vogliamo: mai adagiarsi, mai sedersi, mai sentirsi arrivati! Il mondo non profit ha la grande opportunità di essere in prima linea nella società. Di sentire, vedere, toccare con mano la vita delle persone. Questo permette di anticipare soluzioni, proporre idee, mettere in gioco reti di condivisioni e creare partenariati con l’obiettivo di garantire una vita più dignitosa.
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