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Fundraising: il dono tra spontaneità e strategia professionale

In ambiti differenti, oggi il fundraising rappresenta una pratica articolata in molteplici azioni che sta assumendo sempre più valore strategico per le organizzazioni no profit. Come è possibile passare dalla spontaneità del dono ad una strategia professionale? Lo abbiamo chiesto a Elisa Rimotti, Progettista e Fundraiser per Opera don Guanella, Provincia Sacro Cuore. 

Elisa, come sta cambiando la raccolta fondi?

La recente Riforma del Terzo Settore, attribuendole legittimità, riconosce la “raccolta fondi” (art. 7 D.Lgs 117/2017) come insieme delle iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore per finanziare le proprie attività di interesse generale. Il fundraising si articola in macro aree: raccolta fondi da privati, aziende, enti di erogazione, progettazione e bandi. Ciascuna di esse possiede specificità differenti, ma alcuni principi di fondo sono comuni. Infatti il fundraising è parte dello scenario di valore dell’ente ne sostiene la mission, la attualizza e ne garantisce la sostenibilità, per questo deve essere considerata un’azione strategica, non disgiunta dalla spontaneità del dono, il voler essere partecipi di qualcosa oltre noi.

Cosa serve per costruire una strategia vincente?

È un investimento di lungo periodo: necessita di professionalità, competenze e strumenti e produce risultati proporzionali alle attività svolte. Il rischio che sia una pratica disorientata, l’illusoria panacea di tutti i mali è, tuttavia, ancora alto. Con la metafora di una gara proverò a riconoscere gli elementi che un modello di fundraising dovrebbe avere.

1. Allenamento

Il fundraiser è il professionista che ha con l’ente una primaria relazione di fiducia basata su un mandato chiaro e condiviso con le diverse posizioni organizzative. È il primo potenziale donatore. Si aggiorna e forma, costruisce relazioni per creare partnership e sinergie. Il primo esercizio risiede nell’osservare mission e valori rileggendoli in rapporto al contesto.

Dopo aver guardato all’essenza, si parte dalle relazioni: vero patrimonio dell’ente costituito da contatti reali e possibili. I donatori vanno studiati non con l’intento di indagare, ma per personalizzare le richieste, per prenderci cura della relazione, il centro dell’agire. Per ogni donatore (effettivo o potenziale) occorre mettere a fuoco, con database o piattaforme specifiche, variabili come l’intensità del legame e la modalità di contatto, non solo per acquisirne nuovi, ma anche per fidelizzarli. Per attivare un piano di fundraising è necessario porre delle premesse perché è fondamentale: 

  1. Condividere la strategia a più livelli;
  2. Pianificare la campagna in fasi, tempistiche, attori, budget;
  3. Essere consapevoli della costanza e continuità dell’azione.

2Partenza

Il piano di fundraising parte quando l’organizzazione vuole esplicitare all’esterno una relazione già consolidata all’interno, così facendo potenzia la compartecipazione alla mission. La sfida è raccontare il progetto senza dimenticare che il fundraising risponde anche al bisogno di chi desidera essere parte di un cambiamento, al superamento di uno stato di fatto, ad una spinta generazionale.

3. Percorso

Comprende tutte le azioni per sollecitare il dono. Chiedere di sostenere una causa implica un costante sforzo per arrivare:

  • alla narrazione chiara ed efficace di ciò che sogniamo attraverso diversi canali di comunicazione (online e offline) mettendo a fuoco la c.d. “call to action”, la richiesta, diversificandola a seconda degli strumenti scelti che siano crowfunding, bandi, richieste per specifici target di donatori;
  • alla stima del fabbisogno economico e delle tempistiche per l’obiettivo della raccolta (trasparente, misurabile, valutabile);
  • all’identificazione delle variabili, interne e esterne, da monitorare (rischi, partner, risorse extra).

Questi aspetti devono essere chiari al donatore così da renderlo protagonista consapevole di tutte le fasi.

4. Traguardo

Superarlo è il momento più intenso del percorso.  Analizzare l’impatto , condividere gli esiti delle azioni è importante per capirne l’efficacia e ripensare nuove strategie. Ma non solo. Occorre ringraziaree rendere partecipi donatori e attori. Più che un traguardo è in realtà un nuovo punto di partenza.

Quale elemento non bisogna trascurare durante la campagna? Per ogni buona campagna di Fundraising tutti gli elementi evidenziati sono necessari, ma uno in particolare l’ente non deve mai dimenticare: la nostra gara è sempre uno sport di squadra. Solo coinvolgendo i diversi livelli nell’organizzazione, ciascuno con ruoli e mansioni diverse, avremo i risultati che speriamo.