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5 passi per costruire un modello non-profit replicabile

Non profit come costruire un modello replicabile

I bisogni sociali sono in aumento. Le situazioni di crisi economica prima, aggravati dell’emergenza sanitaria, portano alla luce difficoltà sociali a cui il Terzo Settore tenta di fornire risposte. Ma come organizzare un modello capace di rispondere in modo adeguato?

Lo abbiamo chiesto a Mauro Fanchini, oggi presidente della cooperativa sociale Il Ponte di Invorio. Mauro arriva al settore non profit dopo una grande riflessione rispetto all’etica del lavoro. La sua esperienza imprenditoriale in contesti commerciali e lavorativi differenziati, diventa una valida alleata nel progetto di rilancio della cooperativa sociale. Nel 2011, anno in cui Mauro entra all’interno dell’ente, la cooperativa stava attraversando una crisi sia economico-finanziaria che di leadership e in poco tempo rischiava la chiusura. Cosa è cambiato da allora e da dove bisogna mettere le fondamenta?

1. Salvaguardare la sostenibilità

Dal 1988 la cooperativa si occupa di persone svantaggiate in particolare con handicap psichico medio. Dopo la scuola dell’obbligo a quei tempi non c’erano iniziative significative per l’inserimento sociale e nel mondo del lavoro. Per questo Il Ponte è diventato un luogo di riscatto. Un luogo in cui far acquisire alle persone con disabilità le competenze e capacità manuali per educare le loro potenzialità, affinchè diventino parte attiva della società con inserimenti nelle aziende e nelle imprese del territorio. La nostra è una logica transitiva. Lavoriamo sull’autostima, l’autonomia e la responsabilità per creare inserimenti consapevoli, attivi e partecipativi nelle aziende territoriali.  

La società civile è strutturata per “escludere” tutte le categorie di persone che non stanno al passo…

L’insicurezza che nasce dal sentirsi diversi, viene superata quando ci si sente parte attiva nell’ambiente in cui si vive. Il lavoro crea esternalità positive che favoriscono le comunità locali con l’aumento della coesione sociale, qualità della vita e il risparmio di risorse pubbliche. Per questo la cooperativa deve intendersi come un’esperienza di lavoro e come tale si autofinanzia grazie alla produzione che riesce a realizzare. Bisogna superare l’errata percezione che il lavoratore con disabilità sia un freno, meno produttivo di altri. Diceva infatti Mariella Enoc “Il non profit che non diventa concettualmente azienda è soltanto un’opera di assistenza, di beneficenza che però è destinata ad una vita molto breve”.

2. Avere le idee chiare

Avere le idee chiare per noi significa trovare le risposte che Il Ponte può dare ai bisogni di inclusione sociale del territorio nel quale operiamo. Ciò non vuol dire che ci debba essere una risposta univoca e statica, ma piuttosto uno studio approfondito per risposte dinamiche e calibrate sulle singole necessità delle persone, con un percorso ben definito e condiviso che prevede obiettivi e verifiche costanti. Come nelle imprese profit, anche nella nostra cooperativa vi è una specifica conduzione organizzativa.

L’attuale Gestione ha una sua dinamicità che nasce dallo sviluppo dell’attività e dalle figure professionali che si stanno formando con l’obiettivo di avere un organigramma completo, che risponde ai bisogni di un’azienda moderna ed efficace nella sua azione dirigenziale, in particolare per quanto riguarda la corresponsabilità nella gestione aziendale e la delega delle funzioni.

La direzione, composta dai responsabili dei reparti produttivi, amministrativo e logistica si trova tutti i giorni per condividere, pianificare, organizzare e verificare il funzionamento generale delle attività.

3. Migliorare sempre

Per impostare le azioni che la cooperativa progetta, definire l’approccio, la mentalità e le competenze sulle quali poi tutto il personale si forma, è necessario stabilire le parole che orientano l’azioni. Per noi queste sono:

  • Generatività
  • Visione di un futuro possibile
  • Custodirsi l’uno con l’altro
  • Affiancare ai bisogni i desideri
  • Creare rete
  • Tendere sempre al meglio

4. Favorire alleanze

Il Ponte è promotore di reti sia sul territorio locale e che a livello interprovinciale per favorire partnership di intervento efficaci e condivise sui bisogni. Tra le molteplici reti di cui Il Ponte è parte, ricordo la rete F.A.R.E. acronimo di formazione, appartenenza, responsabilità, esperienza, nata con lo scopo di promuovere una sensibilizzazione culturale tesa a rimettere la dignità della persona al centro delle dinamiche economiche, con particolare attenzione alle categorie più fragili.

5. Costruire il futuro

Il bisogno sociale richiede uno sforzo e una presenza che non si esauriscono al territorio di appartenenza. Abbiamo scelto di aprirci ad altre unità, di progettare l’apertura di laboratori che diventano hub di sperimentazione lavorativa e produttiva. Per farlo occorre però usare:

  • Intelligenza: leggere il tempo nella sua intimità
  • Responsabilità: parliamo di responsabilità civile ovvero ciò che dobbiamo/possiamo fare nella comunità
  • Libertà: non essere schiavi delle cose, di sé, degli altri.
  • Speranza: per vivere in pienezza la vita, per desiderare un futuro e per decidere il nostro.

Pensi che la rubrica I 5 passi sia utile? Puoi approfondire altri contenuti a partire da: Economia ibrida alleanze tra mondi profit e nonprofit

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